Nel 1990 a Martin Scorsese fu offerta la parte di Vincent Van Gogh nel 31esimo film di Kurosawa, “Sogni”, cosicché l’attore volò a Hokkaido in Giappone, emozionato all’idea di lavorare con il suo eroe. Al termine delle riprese, pronto a tornare in America ( per iniziare l’editing di “Quei bravi ragazzi”) ricevette un dono da Kurosawa: una serie di meravigliose illustrazioni di alcune scene del film. In cambio, Scorsese donò a Kurosawa un’illustrazione tratta dal film “I sette samurai”. Il maestro la prese in mano, la studiò a lungo da vicino, si girò verso Scorsese e disse: “La spada è nella mano sbagliata”.
Akira Kurosawa era solito realizzare centinaia di queste immagini concettuali, durante la preparazione dei suoi film; questo approccio considerato è un ottimo esempio del rigore con il quale realizzava i suoi film – 33 in tutto – e tutti i suoi lavori, nel loro insieme, sono considerati tra i più elettrizzanti e brillanti nella storia del cinema. Questo livello di dettaglio e di precisione sono al cuore di ciò che rende il suo lavoro così affascinante, senza tempo e trascendente da ogni altro genere.
Maestro della narrazione visiva
La sua meticolosità, era estesa a tutti gli aspetti della sua autorialità, dalla scrittura, all’editing, fino alla produzione, tutti ruoli che assunse e supervisionò durante i suoi 52 anni di carriera; ciò gli consentì di avere controllo completo su ogni scena e fotogramma. A differenza di tutti i grandi registi, quasi tutto era pianificato nei suoi film, non lasciando nulla al caso. Si dice, ad esempio, che fu lui stesso a cucire alcune dei costumi dei personaggi de “I sette samurai”.
Questa attenzione ad ogni singolo dettaglio fa sì che i suoi film siano una costante purezza d’espressione, anche nelle scene potenzialmente complicate. Se ad esempio osserviamo alcune delle sue scene di battaglie nel suo film jidai-geki (film in costume) “Ran” è davvero notevole la semplicità nel seguire l’azione per quella che è la sua essenza, caos assoluto. Centinaia di soldati e cavalli scorrono attraverso l’immagine, ma la sua abilità di raccontare la storia, nonstante la mischia, è emblematica e dimostra quanto il suo stile cinematografico sia studiato e dettagliato.
La narrazione attraverso un dettagliato posizionamento degli attori e della videocamera è evidente attraverso tutto il suo repertorio. Per avere un assaggio della precisione assoluta della sua narrazione visiva, vi basta osservare l’equilibrio della fotografia ne “I sette samurai”, dove tutti i personaggi principali condividono la stessa scena, ma non si guardano l’uno con l’altro e tengono le teste chine in segno di frustrazione.
Nei film di Kurosawa è possibile notare anche una costante acutezza. Il suo posizionamento dei corpi e le loro dinamiche sono una delle caratteristiche principali del suo lavoro. Come Scorsese stesso ricorda del set di “Sogni”: “Dovevo realizzare una nuova illustrazione per poi disfarmene. “ Faccio a pezzi anche questa, giusto?” chiesi. “No”, disse Kurosawa, “quella la pieghi, dopodiché fai altri quattro passi”. La precisione fatta persona.
Una forza dominante
I personaggi dei suoi film si muovono in maniera unica, composta e in un certo senso esagerata – il tutto orchestrato alla precisione dal regista per impartire una narrazione visiva, la più semplice possibile.
Kurosawa dominò ogni aspetto della sue produzione cinemtagrafica in ogni suo film. La sua attenzione per i dettagli è intrinseca ad ogni fase delle sue produzioni, iniziando dalle sue meravigliose illustrazioni concettuali fino ad arrivare all’editing finale della pellicola. I suoi film sono l’espressione stessa della sua personalità, in tutta la loro dedizione e precisione e sono alcuni tra tra i film che hanno offerto più ispirazione, nuance e originalità nel mondo del cinema.